domenica 17 gennaio 2010

Storia di Roma


E il racconto degli albori della storia di Roma si potrebbe dare per letto, come certi verbali di argomenti risaputi e pacifici sui quali tutti sono accorto di non perdere tempo a risentirli.

Leggenda scorre ordinata e coerente da leggenda scorre ordinata e coerente: lo sbarco di Enea e la fondazione di alba dell’onda il perfido re a mulino a mulino cancella questo trincerarsi meglio starsene alla leggenda

Meglio starsene alla leggenda

Naturalmente contro queste leggende stanno laboriose confutazioni e illazioni e udite: di quelle che da un paio d’ossa che quattro frammenti di coccio ricostruiscono tutta intera una società con le sue origini più remote e i suoi costumi più particolareggiata e.

Siccome però a ogni nuovo osso e a ogni nuovo coccio che si scopra quella ricostruzione viene demolita e sostituita con un’altra, è meglio starsene alla leggenda: tanto più che fu questa che animo il patriottismo dei romani inventando per loro l’ascendenza illustre fino ad Enea, e quindi a Venere sua madre, la manifesta predilezione degli dei, è gli esempi con Moranti dei padri, che è spronarono che sorpresero gli squilli di nel loro lungo tormento camino dal villaggio all’interno.

La leggenda sardi rompono il primo dei sette che regnarono sui sette colli, se per colpa dell’ultimo di loro, tra cui il mio viso superbo lasciarono un ricordo così aborrito, che quando i casi della storia persuasero i romani a tornare alla monarchia, il re lo chiamarono imperatore.

Certo la città non era ancora quella che diventerà: l’influenza della superiore civiltà etrusca non era riuscita ad eliminare il forte odore di contadini non è.

Due strade in croce la dividevano in quattro zone dentro le quali si aggiravano viuzze anguste fra case che raramente facevano a meno del legno e ancora più raramente si ornavano di qualche stucco modesto.

Come in certi dolorosi villaggi della Calabria o della Sicilia, il bestiame spesso conviveva con l’uomo; e come in quei villaggi, l’uomo se ne partiva all’alba per andare a lavorare il tuo dolore fuori delle mura, se non aveva potuto ritagliarsi un orto o un frutteto delle tante aree sgombra all’interno della città (questo degli orti, dei frutteti, nelle oasi campestri fra le cose e i palazzi tornerà ad essere un aspetto caratteristico e poetico di Roma fino alla caduta del potere temporale).

Su queste angustie, di quei del resto nessuno si accorgeva, vigilava una folta corte di dignità minori: dei che proteggevano il quartiere, dei che custodivano la strada da un medico la posta al crocevia, dei casalinghi che vegliavano su ogni focolare, tenuti buoni da continue offerte dei piccoli sacrifici. Se poi da uno di questi focolare partiva alla scintilla che dava fuoco alla casa, che molto spesso anche alle case vicine, tutti quei del poco poterono fare in mezzo al tante travi di legno che costituivano la principale armatura dell’edificio, e della distruzione si estendeva paurosamente; non confronto fra le case distrutte nelle case salvate permetteva di attribuire la sorte delle prime a qualche colpevole commissione nel culto è la sorte delle seconde a qualche fila e tempestiva devozione, così il prestigio degli dei rimaneva intatto e subito ci si rimetteva a propiziare secchi per la ricostruzione.

Un incendio dietro l’altro

L’incendio era, a Roma, un’istituzione:

si sarebbe detto che lanterna maestra trovasse un po’ misero il fuoco che ardeva fare in una apparentemente davanti al suo alto mare è che, stizzita, se ne preoccupasse di sua iniziativa in proporzioni più degni. La città aveva già raggiunto, sotto gli imperatori, un notevole progresso tanto nella tecnica delle costruzioni quando nella vigilanza delle autorità etnica organizzazione dei vigili del fuoco: ma con tutto ciò, una volta bruciò l’intero quartiere del cerchio; un altro una volta in quello di parlamentino; poi il campo marchio; ancora una volta il campo marchio; e fra questi grandi roghi, che dovevano culminare nel famoso incendio sotto neurone, pezzo forte di ogni film tratto dal cuore disse!?, che in un altro non meno distruttore, sotto comodo, era un fiammeggiante quotidiano di rocchi minori.

Il giornale sospirava: (ah, onde che potrò vivere dove non ci siano sempre incendi, e dove le notti trascorrono senza l’allarme), dell’insigne studioso della Roma antica, circa corpino, ci assicura che sotto Traiano, (pur così attento alla sicurezza delle curve, l’incendio era Molinari è colante nell’esistenza dei romani): e cementava la spiegazione: il regno largamente impiegato nei pavimenti nei soffitti; il braciere per il riscaldamento portate da una stanza all’altra; le torce, la fiamma vivace delle cucine; la mancanza dell’acqua.

Come, con tutto da quella coreografia maestosa gli acquedotti, dei quali ancora dura dal dolore intorno al nome di Roma?

Sci, gli acquedotti erano maestosi, l’acqua che conducevano a Roma generosamente abbondante: soltanto, non esistevano colonne montanti che lo portassero oltre il pianterreno deve insultare; quando un incendio sconti agli dava scoppiava a un orto o quinto piano, era molto difficile che qui quattro o cinque porci o cattivi con la provvista dell’acqua potessero bastare a domarlo.

Paolo Eugenio accenna a un sistema per rendere incombustibile in legno, impedendolo di allume: ma non sembra che ci sia stato chi abbia pensato a brevettarlo e adoperarlo.

Bisogna però pur dire che, tra un incendio oggi e un crollo domani, Roma progrediva: proprio questa necessità di ricostruire ora un edificio singolo, ora un quartiere intero, finiva col diventare una delle cause principali del crescente splendore che Roma. Da quando camino l’aveva fatto rinascere dalla totale distruzione dopo l’applicazione della clausola del (va e arricchisce) propone per opera dei diavoli di un treno da ogni mucchio di cenere Roma rinasceva più bella, più comodo, più (moderna): pressappoco come tante città del nostro tempo dopo le (come in tentazione) e i bombardamenti a tappeto, ma con questa semplificazione: che allora non solo c’erano le nostre polemiche fra i partigiani del rifar tutto pietosamente come prima e partigiani del re di far tutto a un traccia mente a un dato certamente nuovo.

Rispetto per le mura degli archi, per i fori cadenti che gli altri un guru scorsi, per l’aspetto caratteristico di un di uno spazio urbano è un sentimento che era aspettato la fine del secolo XVIII per spuntare al tormento dei piani regolatori.

Magari anche a Roma ci sarà stato qualcuno, non fosse che per spirito di contraddizione, a formulare proteste dei rimpianti a brontolare che il tempio di crescita era più quello primo è che il nuovo tempio alla magna ma per sul palatino su prova del messaggio: ma nessuno li dava retta, che l’opinione pubblica era sempre disposto a trovare il nuovo migliore è più peso del vecchio.

Su

La città rinasceva più bella

Si ingrandiva l’antico foro, che era stato il centro della vita pubblica e mercantile dei padri, ornandolo di nuovi templi, nuove basiliche, nuove statue di illustri, e altri se ne costruivano a mano a mano che Roma cresceva di estensione, popolare porta popolazione è potenza: lavoro di Augusto, di vespasiano, di in erba; foro di Traiano, che il quale i mirabili avanzi schierati sulla moderna via dei fiori imperiali bastano a farci capire lo stupore commosso dell’imperatore Costanzo e dell’ambasciatore persino quando nel 356 Roma non era più da molto tempo il centro politico è amministrativo dell’intero.

Si moltiplicavano i tempi innumerevoli di una revisione che contava più numeri di quanti santi conti la Chiesa cattolica, che m’importava, non si sa mai, sempre di nuovi dall’estero, e altri illuminavano con decreto del senato a ogni morte di imperatore, sempre che l’imperatore non fosse stato deposto ho marciato dagli pretoriani.

Nuove basiliche aprivano gli interessi maestosi oltre i quali si intravedeva l’andirivieni minuto, fra alleati rosse navate, della folla contenuta per un appuntamento con la giustizia, con un socio d’affari, con la curiosità di sapere le ultime notizie dalla voce pubblica o del solito bene informato.

Si levavano alle terme, veri templi eletti al culto del po’ più alcun definita per Carlo all’equilibrio intellettuale del mondo classico; essi inauguravano circhi e anche teatri, dove gli uomini dove gli umori della folla, che la stanchezza delle discordie civili e il timore dell’autorità imperiale avranno distolti dalla passione politica, troveranno uno sfogo nei vuoti capricci della passione sportiva per ritrovare ancora, più tardi la passione politica nel supplizio dei cristiani, nemici dello Stato.

Da ricchezze che in ottima che chi gli occhi matti non consacrare uno all’edilizia pubblica le profonde devono le profonde devono nella costruzione delle proprie dimore.

Roma antica ignorava ogni distinzione di quartieri per certo, che la preoccupazione sono più scettica dell’incute ad esse non hanno un non hanno un buon dava nessuna fronte Patrizia al momento di scegliere il sito per abitarvi.

Giulio Cesare, con tutta la sua alterezza Giulia, arbitrerà in piena su burla, e mecenate si ostinerà meritoriamente a prosciugare a quei crimini magari ci pur di costruirsi il palazzo nella zona più popolare esca dell’ex cui l’inno.

Dei sette colli, solo il palatino si chiuderà nel fasto delle residenze e dei templi imperiali: tutti gli altri vedranno una disinvolta mescolanza di altri opulenti, diversi titoli decorosi, gli interessi scandisce in atti scalcinati.

Spostandosi in letizia, preceduti che scortati da schiavi muniti di torce e verde e di servizievoli clienti ex, il Patrizia non correvano il rischio, frequente invece per i pedoni, riesce a spegnersi improvvisamente dagli humor fanatici e avrei che i vari plebei versavano antenne dalle finestre in strada: giacché come tutta la magnificenza degli a acquedotti non stringeva l’acqua oltre il piano terreno, così la completezza ammirevole nelle fognature sviluppatesi dal primo tronco della cronaca massima non risolveva il problema dei rifiuti domestici se non al livello stradale;

anche il patrizio, però, sulle pendici del cielo, della 29, dell’ex cui l’inno o del Vicinale, non sfuggiva ai cattivi odori stagnanti interamente nelle strade appena degne di un bilancio e rese ancora più auguste dall’ingombro costante delle ceste, nel leggerle, dei cumuli di bottiglie assurde sono storie delle botteghe; rincasando di notte, i suoi schiavi avevano un bel bocciare.

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